Descrizione
Prascorsano crebbe in forma di abitato diffuso, legato alla ceduazione della foresta con l’introduzione del castagno innestato e la diffusione del vigneto. L’origine, rimarcata dal toponimo con fonemi germanici (prait, corz), è legata all’insediamento altomedievale del castrum di Belmonte.
Il paese è il centro vallivo che più direttamente ha subito l’influenza dell’insediamento di Belmonte e la centrifugazione germanica dopo la distruzione del castrum. Non a caso conserva alcuni reperti e monumenti antichi come la stele della tarda età del ferro e lacerti architettonici dell’antica parrocchiale, le cui caratteristiche rimandano al romanico. Per questa ragione riteniamo che l’origine dell’insediamento si debba ricercare nelle complicate dinamiche altomedievali sfociate nello stretto rapporto con il priorato fruttuariense che a partire dal XII secolo s’insediò nell’area dell’antico castrum, ristrutturando la primitiva chiesa di origine altomedievale e stabilendo un presidio che ritornò a recuperare quelli che furono gli ambienti rustici dissodati in origine dalle comunità protostoriche. Peraltro, questo legame emerge con chiarezza nei suoi campanili che, pure in piccolo, richiamano la possente torre guglielmina di San Benigno.
La massiccia introduzione del castagno e il recupero di molti ambienti coltivabili ad arativo e a vigna va ascritta a questa presenza che giunse fino alla morbida conca entro la quale è cresciuto l’abitato del paese con i suoi differenti nuclei insediativi di Pemonte e Pisso, oltre a quello più elevato di Cerialdo. Come l’intera Valle Gallenca, nei secoli centrali del medioevo il paese entrò a far parte del feudo del Valpergato e, nel 1350 quando i signori concessero gli statuti, risultava composto da tre fuochi di villaggio riconoscibili nel concentrico, in Cerialdo e Pemonte, con i casolari sparsi nell’ampia estensione di vigneto nelle pendici in direzione di Pertusio e Rivara. Proprio questo ambiente ha rappresentato una risorsa importante per i prascorsanesi che nella ricognizione delle decime del vino del 1409 risultano tra i primi contribuenti in termini di gettito pro capite. Nel 1545, quando il segretario ducale Ubertino Marruchi visitò la valle per constatare i danni delle alluvioni degli anni precedenti annotò la presenza di 104 capi di casa con relativi beni. La crescita numerica del concentrico condusse alla costruzione di una nuova chiesa e un nuovo campanile in linea con quello della Madonna del Carmine. Ciò coincise con il trasferimento della parrocchiale nell’attuale sede.
Nello Stato dei Redditi della Provincia di Ivrea per gli anni 1752, ‘53 e ‘54 Prascorsano venne descritto succintamente, rimarcando: “Si ritrova in detto territorio un edifizio di molino ad una sola rota proprio delli consorti Enrietto ... L’occupazione de’ suoi abitanti si restringe alla coltura de’ beni del territorio…”
Il paese è il centro vallivo che più direttamente ha subito l’influenza dell’insediamento di Belmonte e la centrifugazione germanica dopo la distruzione del castrum. Non a caso conserva alcuni reperti e monumenti antichi come la stele della tarda età del ferro e lacerti architettonici dell’antica parrocchiale, le cui caratteristiche rimandano al romanico. Per questa ragione riteniamo che l’origine dell’insediamento si debba ricercare nelle complicate dinamiche altomedievali sfociate nello stretto rapporto con il priorato fruttuariense che a partire dal XII secolo s’insediò nell’area dell’antico castrum, ristrutturando la primitiva chiesa di origine altomedievale e stabilendo un presidio che ritornò a recuperare quelli che furono gli ambienti rustici dissodati in origine dalle comunità protostoriche. Peraltro, questo legame emerge con chiarezza nei suoi campanili che, pure in piccolo, richiamano la possente torre guglielmina di San Benigno.
La massiccia introduzione del castagno e il recupero di molti ambienti coltivabili ad arativo e a vigna va ascritta a questa presenza che giunse fino alla morbida conca entro la quale è cresciuto l’abitato del paese con i suoi differenti nuclei insediativi di Pemonte e Pisso, oltre a quello più elevato di Cerialdo. Come l’intera Valle Gallenca, nei secoli centrali del medioevo il paese entrò a far parte del feudo del Valpergato e, nel 1350 quando i signori concessero gli statuti, risultava composto da tre fuochi di villaggio riconoscibili nel concentrico, in Cerialdo e Pemonte, con i casolari sparsi nell’ampia estensione di vigneto nelle pendici in direzione di Pertusio e Rivara. Proprio questo ambiente ha rappresentato una risorsa importante per i prascorsanesi che nella ricognizione delle decime del vino del 1409 risultano tra i primi contribuenti in termini di gettito pro capite. Nel 1545, quando il segretario ducale Ubertino Marruchi visitò la valle per constatare i danni delle alluvioni degli anni precedenti annotò la presenza di 104 capi di casa con relativi beni. La crescita numerica del concentrico condusse alla costruzione di una nuova chiesa e un nuovo campanile in linea con quello della Madonna del Carmine. Ciò coincise con il trasferimento della parrocchiale nell’attuale sede.
Nello Stato dei Redditi della Provincia di Ivrea per gli anni 1752, ‘53 e ‘54 Prascorsano venne descritto succintamente, rimarcando: “Si ritrova in detto territorio un edifizio di molino ad una sola rota proprio delli consorti Enrietto ... L’occupazione de’ suoi abitanti si restringe alla coltura de’ beni del territorio…”
Bibliografia
Cesma – Museo Archeologico del Canavese